Il nostro Paese risulta ancora in buona parte dipendente dall’estero per quanto riguarda il fabbisogno energetico dalle fonti fossili.
Ha tutto l’interesse, quindi, a sviluppare efficienza, risparmio energetico e fonti rinnovabili. Oggi dipende per il 78,6% dall’estero: il gas vi arriva attraverso gasdotti e la dipendenza dall’import è superiore al 90%, contro una media europea di circa il 70%.
E’ però in aumento il peso delle fonti rinnovabili, come l’energia solare. La quota sulla produzione lorda elettrica passa infatti dal 17% del 2007 al 36% del 2018, mentre il consumo è più che raddoppiato. Lo rileva il primo Rapporto annuale di Med & Italian Energy di Srm, il Centro studi legato a Intesa Sanpaolo. Secondo il Rapporto, il dato dell’incidenza delle rinnovabili sui consumi totali (18,3%) risulta nel 2017 superiore agli obiettivi fissati dall’Unione Europea per il 2020 pari al 17%.
La filiera dell’energia è a quota 177 miliardi di euro di fatturato, e alcune regioni si distinguono nella produzione rinnovabile, prevalentemente per l’idroelettrico e non solo (in Trentino Alto Adige solo il 17% della produzione lorda proviene da fonte termoelettrica ed il 78% da hydro, ad esempio). Per il maggiore peso dell’idroelettrico e per le bioenergie si distinguono, invece, le regioni del Nord, mentre eolico e fotovoltaico prevalgono maggiormente al Sud.
Il Sud produce il 50% circa del totale dell’elettricità da fonti rinnovabili (eolica, solare, bioenergie e geotermica). I bilanci dell’elettricità delle varie regioni italiane non sono però in equilibrio, e non tutte le regioni riescono a far fronte alle richieste di elettricità con la produzione interna.
Per Massimo Deandreis, direttore generale di Srm (nella foto), l’indagine è il frutto di una collaborazione strutturale con il Politecnico di Torino e con il contributo del Jrc della Commissione Europea:
“L’Italia è un ponte energetico tra Europa e Mediterraneo e il Mezzogiorno gioca un ruolo centrale sia dal lato della produzione di energie rinnovabili e fossili, sia per l’importanza dei suoi porti. Inoltre il settore, con oltre 23.500 imprese attive, produce 177 miliardi di fatturato e genera un valore aggiunto di 30 miliardi di euro. Capirne l’importanza strategica e investire in infrastrutture e tecnologie è la chiave per rendere il Paese più competitivo e attrattivo”.